Pensare, per ogni persona che voglia andare un poco oltre le apparenze, è un po' come viaggiare.
Spesso però questo viaggio è solitario e implica delle fatiche proporzionali all'altezza del pensiero stesso, che si scorge dalla pianura estendersi verso il cielo (o l'abisso).
"Sui monti la via più diretta è quella da vetta a vetta: ma per questo occorre che tu abbia gambe lunghe, Le sentenze devono essere vette: e coloro ai quali si parla devono essere grandi e di alta statura" (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Libro I, Del leggere e dello scrivere).
Cosa vuole dire? cosa implica nel viaggio il fatto che la cima sia la sentenza, ovvero il punto nodale del pensiero?
Semplicemente il viaggio di ritorno.
Ridiscendere da queste cime solitarie implica la quasi necessaria incomprensione degli abitatori di pianure. Essi vengono simbolicamente definiti come coloro che non lo capiranno e lo additeranno come folle, come alienato e infelice, altrimenti un banale illuso. Egli invece ridiscende ancora contemplando lo spettacolo raggiunto, i panorami di cui non è mai sazio; raccontando a chi capita, colto da un irrefrenabile desiderio di comunicare le proprie scoperte e di ridisegnare le proprie mappe secondo i percorsi da lui scoperti... ma chi può credere a queste visioni mistiche?
Eppure il viandante non trova pace nella propria dimora in pianura, non si scoraggia, poiché risponde ad un suo caotico bisogno... di superarsi, di andare sempre oltre, di volare.
Non capita anche a voi a volte?
Non capita anche a voi a volte?
certo che capita, ed è a mio parere molto più bello farsi accompagnare nel e durante il proprio viaggio da qualcuno, qualcuno con cui condividere le esperienze, le conoscenze e tutto quel che di bello e nuovo...o brutto, si può incontrare lungo il cammino.
RispondiEliminacredo che la cosa peggiore sia non essere compresi dagli altri, dalle persone che ci stanno vicino..e..a volte questo sentimento blocca e impedisce di raggiungere vette sempre più alte..per lo meno, a me capita così!
è un sentimento che per caso ti fa sentire sola/o?
RispondiEliminaavere qualcuno che condivide con te determinate esperienze è senza dubbio anche a mio parere una cosa fantastica; con qualcuno a fianco capita che ci si senta più sicuri, meno spaventati e più fiduciosi, di conseguenza è più probabile che si intraprendano esperienze nuove.
grazie per il tuo intervento!
Ma non tutti i viaggi si possono fare da in compagnia.
RispondiEliminaSi ha la forza di viaggiare da soli?
Oppure questo ci frena al punto di restare sulla terra ferma, immobili?
indobbiamente ci sono viaggi che devono essere compiuti da soli, può darsi che questi viaggi siano quelli più importanti...non so.
RispondiEliminaquel che penso è che...la tipologia di viaggio, la meta e la forza con cui lo si affronta dipendano molto da carattere, motivazione ed esperienze di chi si mette nelle condizioni di inoltrarsi in questa nuova avventura.
tu prediligi compiere viaggi da solo?
penso sia più facile viaggiare in compagnia, ma se c'è la motivazione...si può arrivare ovunque
RispondiEliminacon la forza di volontà si possono superare limiti che prima si credevano invalicabili, è possibile trovare una forza dentro di noi che neppure credavamo potesse esistere!
RispondiEliminagrazie a entrambi
Diciamo che mi ritrovo molto in questo intervento in quanto mi piace molto viaggiare con la mente, ma poi quando cerco di parlarne... spesso è come se nessuno volesse sentire. Ho esagerto un po' coi termini, è vero. Però è altrettanto esatta la difficoltà di esprimere ad altri, che non hanno fatto lo stesso viaggio, quello che ho visto, sembra spesso spiazzante.
RispondiEliminaConcedetemelo, Nietzsche sa il fatto suo!
Cmq io volevo generalizzare, nel senso che alcuni viaggi DEVONO essere fatti da soli a prescindere se ciò piaccia o meno. Anche se poi si è in gruppo, le gambe DOBBIAMO FARCELE NOI, in quanto nessuno ci può portare in spalla e poi pretendere che noi riusciamo a diventare grandi e a VIVERE (nel Nuovo testamento, Gesù parla di "alzarsi dai morti", è interessante che il vivente sia caratterizzato come colui che sta in piedi, da solo aggiungerei)
capita spesso anche a me di avere quella sensazione.
RispondiEliminamolto spesso non è un'impressione...credo che alcune persone facciano davvero fatica ad ascoltare questo tipo di confidenze e racconti, perchè presuppongono attenzione, coinvolgimento e sforzo.
non sono di immediata comprensione, poprio perchè, come dici tu, non hanno fatto lo stesso viaggio.
credo sia difficile lasciare il proprio punto di vista, al quale a volte si rimane quasi aggrappati, per paura di perderlo, per provare davvero a capire che cosa un'altra persona ci stà dicendo.
il viaggo deve essere fatto da soli, difficilmente si trova qualcuno che apprezza in pieno le stesse cose per condividerle completamente.
RispondiEliminaLe esperienze non devono nemmeno essere raccontate, è inutile spiegare ad altri ciò che si è sentito interiormente, non capirebbero.
Risposta ad Anonimo.
RispondiEliminaHesse direbbe la stessa cosa: in Siddharta, il protagonista omonimo rimprovera a Buddha che la sua dottrina non è la sua esperienza, con le sue parole non può far fare lo stesso viaggio che lui ha compiuto. Esso rimane sempre singolare.
Il problema di fondo però non è questo. Derrida stesso direbbe che sì, comunicare (mettere in comune) è difficile, quasi impossibile, forse E' IMPOSSIBILE, ma proprio per questo nasce la letteratura.
Ovvero, quello che Leopardi vede, lo tramuta in una poesia, che non è il frutto campato in aria, bensì un vero e proprio parto, con doglie e travaglio, senza contare la gestazione.
Sì, l'esperienza singolare è non trasmissibile, ma chissà perché, l'uomo si prende cura molto più volentieri proprio di queste fragilità. Anzi, proprio più una cosa è vicina al non essere (la singolarità, appunto), più si prende cura di salvarla!
Perché? Perché tutte queste singolarità sono espressionni di quell'evento di cui tutti noi facciamo parte: la vita.